Coppa, capocollo e lonza sono salumi tipici italiani ricavati dal maiale, storicamente la carne più usata a fini alimentari.
L’uso dal maiale per la preparazione e la lavorazione di carni risale a tempi antichissimi: il poeta romano Ovidio, nelle Metamorfosi, scriveva che nell’età dell’oro tutti gli uomini erano vegetariani, ma facevano abitualmente ed esclusivamente uso di carne di maiale. Allora il consumo di maiale era stagionale, ma nei tempi più recenti le tecniche di conservazione hanno permesso la creazione di particolari tagli di carne, spesso aromatizzati con sale, pepe e spezie locali. Proprio come la coppa e il capocollo.
Oggi la tradizione non è andata persa, e si assiste sempre più ad una sana riscoperta dei sapori e degli aromi di un tempo, grazie a produzioni innovative sempre fedeli alle antiche ricette del mondo della salumeria italiano.
Cosa sono i salumi?
I salumi sono preparazioni a base di carne che contengono grasso e altri ingredienti aggiunti successivamente in fase di lavorazione, a seconda dei gusti e delle caratteristiche regionali. Il sale e le spezie locali sono immancabili. In molti casi le aziende produttrici aggiungono additivi utili alla conservazione del pezzo di carne selezionato, per questo il nostro consiglio è quello di scegliere un prodotto preparato a mano, con metodi tradizionali, ugualmente resistente alla cottura e all’essiccamento.
La tradizione del consumo dei salumi, in particolare quella del maiale, ha una lunga storia che parte dalla civiltà romana e arriva ai giorni nostri. Vi sembrerà assurdo, ma ancora oggi ogni singolo taglio di carne viene scelto e lavorato manualmente sotto l’occhio attento del produttore, che segue quotidianamente l’andamento della stagionatura di tutti i pezzi.
Le differenze tra la coppa di Parma, la coppa marchigiana, il capocollo calabrese e quello di Martina Franca, la lonza e la finocchiona
La differenza tra coppa e capocollo è nell’origine, e nel nome. Di fatto coppa, capocollo e lonza sono molto simili e spesso vengono confusi perché ricavati da una specifica parte del maiale: la spalla, e questo ne giustifica il nome. Eppure le differenze tra coppa, lonza e capocollo ci sono, e sono tante:
- La lonza è il taglio ricavato dal muscolo del carrè, ovvero la zona dorsale del maiale che va dalla quarta costola fino alla coda. La lonza fa parte del carrè, nello specifico è un fascio di carne situato sopra il filetto. Nel nord Italia la lonza è ricavata dalla parte del carrè senza includere gli ossi, mentre nel sud Italia la lonza indica l’intero muscolo del carrè. Da questa stessa parte del maiale può essere ricavato anche il filetto lardellato.
- Il capocollo è ricavato dal collo del maiale, zona compresa tra la testa del maiale e il carrè da cui a sua volta si ricava la lonza. A differenza di quest’ultima, il capocollo è fatto con carne tenera che richiede una cottura molto più lunga. Anche il sapore è diverso: il capocollo, infatti, è molto più simile alla carne rossa.
- Per la produzione della coppa vengono utilizzati i muscoli del collo di suini di grosse dimensioni, con una tecnica produttiva molto simile a quella utilizzata per la lavorazione del prosciutto crudo e dei salami a lunga stagionatura. Questa fase, previa asciugatura, può durare da 3 a 6 mesi, e avviene in appositi locali con umidità e temperatura controllate. Esattamente come per il capocollo.
Chiamatelo come volete, ma attenti alla zona in cui vi trovate: se chiedete il capocollo a Parma, per esempio, vi daranno un pezzo di coppa, perché Parma e Piacenza sono la patria della “coppa IGP”. Nel Lazio, ma soprattutto in Abruzzo, dovrete chiedere una fettina di lonza di maiale, o lonzino.
- Diverso è il caso della finocchiona, salame tipico della Toscana realizzato con carne di maiale macinata, tra cui carne di coppa, aromatizzata con semi di finocchio e bagnata con vino rosso. Si potrebbe dire che la finocchiona sia il risultato di una conservazione alternativa della carne di maiale: gli storici sostengono che gli ingegnosi norcini toscani - non potendo usare ingredienti costosi come spezie, sale e soprattutto pepe per conservare adeguatamente la carne di maiale – introdussero la spezia del finocchio selvatico con l’intenzione di coprirne sapori poco gradevoli. Oggi però la finocchiona è un salume molto apprezzato, e il finocchio non è più un’alternativa “povera” al pepe. Il sapore è delicato e saporito insieme, e varia a seconda della preparazione da produttore a produttore. La variante “sbriciolona fiorentina”, pur essendo a base di semi di finocchio, differisce dalla classica finocchiona perché è un salame a grana grossa, che al taglio tende a sbriciolarsi. La differenza tra finocchiona e finocchiona sbriciolona sta nel taglio: la prima va mangiata a fette sottili, mentre della seconda si fanno delle fette più grandi, da mangiare a tocchi.
- Attenzione a non confondervi con la coppa marchigiana, detta “coppa di testa marchigiana”, che con le altre tipologie di coppa condivide il nome ma non la preparazione, che è completamente diversa: prima di tutto i pezzi di maiale utilizzati non sono quelli cervicali, ma lingua, cartilagini dell’orecchio e altre parti meno pregiate del suino; in questo caso la carne è cotta e aromatizzata con pistacchi, arance e limoni.
Con quale parte del maiale si fa il capocollo?
Il capocollo si ricava dalla parte del maiale compresa tra la testa e il lombo, ovvero l’estremità della lombata, una zona particolarmente ricca di adipe (grasso). È proprio il grasso a rendere unico questo taglio di carne, perché la mantiene morbida, tenera e particolarmente saporita. Non a caso il capocollo migliore è quello che si scioglie in bocca!
Il Capocollo di Martina Franca
Il Capocollo di Martina Franca è uno dei prodotti locali più conosciuti ed apprezzati, nato da antiche tradizioni contadine che lo hanno conservato fino ai nostri giorni. L’uso esclusivo di maiali locali, la lenta marinatura e il profumo dell’affumicatura fatta con la corteccia del Fragno, quercia tipica della Valle d’Itria, lo rendono unico al mondo. Ma come si realizza il capocollo di Martina Franca?
Ecco le fasi di lavorazione di questo pregiato pezzo di carne suina, nel dettaglio:
- La salagione (o salatura):
Dopo aver selezionato i migliori suini della Murgia, le carni di capocollo (che corrispondono al collo del maiale) vengono salate manualmente a secco con sale marino di Margherita di Savoia e pepe nero, per poi lasciarle riposare per 15 giorni.
- Marinatura:
Dopo la salagione, i capocolli vengono lavati con vino cotto di vitigno Verdeca autoctono pugliese, e lasciati a riposare in questa profumata marinatura per alcune ore, come vuole la tradizione.
- Insacco:
Il budello scelto per l’insacco è quello naturale, il più delicato, perché è il migliore prodotto utile per proteggere il capocollo e consentire una giusta stagionatura. Questa fase viene fatta rigorosamente a mano da secoli: anche la coppa, le pancette e i prosciutti un tempo venivano avvolte e legate nella pellicola della vescica del maiale, opportunamente conservata.
Il budello naturale ha delle caratteristiche particolari che lo rendono unico, perché è anzitutto permeabile all’acqua, permettendo un essiccamento più consono al pezzo di carne. L’involucro naturale è anche permeabile all’aria, ha una forte resistenza alla pressione, essendo elastico e retrattabile. Tutto questo è molto importante perché i processi di conservazione della carne dipendono esattamente da una corretta regolazione di freddo, calore, sale, fumo e aria.
- Affumicatura:
A ben guardare, quella dell’affumicatura è la fase più caratteristica della preparazione del Capocollo, quello di Martina Franca e, in particolar modo, nel caso del celebre Capocollo del Salumificio Santoro. La domanda più frequente, in molti casi, è proprio questa: perché il capocollo di Martina Franca è diverso dagli altri? Cosa ha di così speciale?
La risposta è in un albero: il Fragno. Questa quercia, la più diffusa nella zona della Valle d’Itria, viene utilizzata per affumicare il capocollo, e viene bruciata insieme al mallo di mandorla, altra pianta importante per la cultura gastronomica pugliese. L’affumicatura è lieve, il profumo è intenso, il gusto unico. In passato le ghiande del Fragno servivano per l’alimentazione dei maiali locali, come avviene ancora oggi, mentre il legno, particolarmente resistente all’acqua grazie all’elevato contenuto di tannini, veniva utilizzato per la realizzazione di piccole barche da pesca.
- Stagionatura del Capocollo:
Entriamo nel vivo della tradizione legata alla produzione di capocollo. I tempi di stagionatura possono variare da produttore a produttore e avvengono necessariamente (e per legge) in locali con temperatura ed umidità controllate. Il tempo necessario alla stagionatura varia anche a seconda della grandezza del pezzo di carne, ma in generale l’andamento della stagionatura del capocollo va seguito passo dopo passo. È una fase delicata, che spetta ad un esperto. Un tempo era il padrone di casa ad occuparsene, facendosi carico di seguire il processo di ogni singolo pezzo, scartando o consumando i prodotti che presentassero eventuali sintomi di difetti.
In linea di massima, la stagionatura del capocollo dura dai quattro ai sei mesi o comunque almeno 120 giorni, tranne rare eccezioni.
Ad esempio:
- Il Capocollo di Martina Franca Santoro è sottoposto ad una stagionatura di 120 giorni e contiene carne di suino locale, sale, pepe e vino cotto ed è affumicato con legno di Fragno.
- Duecento, il Capocollo Santoro ha una stagionatura di 200 giorni; contiene carne di suino locale, sale, pepe e vino cotto ed è affumicato con legno di Fragno.
- ES Capocollo ha un’eccezionale stagionatura di 360 giorni e contiene carne di suino, sale, pepe e vinaccia di primitivo di Gianfranco Fino.
Calorie e valori nutrizionali del capocollo
Gli esperti lo considerano una carne semigrassa, eppure il capocollo ha una quantità di calorie alta, che però varia a seconda della tipologia di lavorazione e produzione. Si può dire in linea di massima che il capocollo ha un apporto medio di 200-250 kcal ogni 100 grammi, se invece prendiamo in considerazione la parte magra, con poco grasso o con grasso asportato, la densità calorica è di 150 kcal sempre considerando 100 grammi, che corrispondono a circa 10 fette.
Da un punto di vista nutrizionale, la carne del suino rappresenta la più rilevante fonte di proteine nobili, a seconda della stagionatura. Il nostro consiglio è quello di non rinunciare ad una fetta di buon capocollo, magari abbinata agli ingredienti giusti o ad una fetta di pane casereccio, ma senza esagerare. Del resto, come si legge nella definizione data da Slow Food, il Capocollo di Martina Franca è un prodotto tipico della Valle d’Itria in Puglia, ed è “legato alla naturalità delle risorse del paesaggio stesso, dal quale trae profumi ed aromi che solo le essenze di questa terra possono conferire”. Perché perderselo?
Tutte le differenze tra capocollo pugliese e capocollo calabrese
Il capocollo di Calabria DOP è diretto concorrente del capocollo Pugliese: entrambi conosciuti ed apprezzati in tutta Italia, possono essere distinti per le spezie usate in fase di lavorazione e per il tempo di stagionatura. Vediamo insieme le differenze tra i capocolli più famosi d’Italia:
- il Capocollo calabrese ha origini antiche, che sembrano risalire all’epoca della colonizzazione della Magna Grecia. Nelle famiglie contadine questo pezzo di carne di maiale era un must, soprattutto se mangiato con una fetta di pane. Oggi il Capocollo di Calabria DOP viene lavorato e speziato con pepe nero in grani o con il tipico peperoncino piccante locale, mentre il massaggio viene effettuato con aceto di vino. Come indica il Consorzio Salumi di Calabria DOP, questo prodotto salato con sale da cucina macinato ha una stagionatura di almeno 100 giorni. Il capocollo calabrese viene mangiato e abbinato a verdure locali, alcune ricette lo associano alla cipolla rossa di Tropea.
- il Capocollo di Martina Franca è prodotto esclusivamente con suini locali, selezionati tra i migliori della Murgia. La differenza tra il salume pugliese e quello calabrese è nella marinatura: il primo viene infatti messo a macerare a lungo nel vino cotto, in alcuni casi con vini autoctoni particolari. Altra differenza è nell’affumicatura: il Capocollo di Martina Franca viene affumicato appositamente bruciando la corteccia del Fragno, quercia locale, che gli conferisce un profumo più intenso.
I consigli per scegliere il capocollo migliore
Colore, odore e consistenza del capocollo sono tre caratteristiche utili per scegliere il capocollo migliore. Di solito questo compito spetta al produttore, che scarta i pezzi non ritenuti all’altezza delle aspettative. Il consumatore può scegliere il pezzo di capocollo in base al tempo di stagionatura, che ne condiziona la morbidezza, o più semplicemente può leggere l’etichetta: su ogni confezione è esposta una scheda che indica la specie dell’animale utilizzato, la denominazione commerciale (coppa, capocollo, filetto di maiale), durata della stagionatura, tempi utili di consumo a seconda della data di confezionamento e prezzo al kg. Queste semplici regole permettono di fare una scelta consapevole e di consumare salumi di qualità. Affidatevi ai migliori!
Come si mangia il capocollo?
Il capocollo può essere mangiato in tantissimi modi: tagliato a fettine non troppo sottili, magari accompagnato da una fetta di pane, è già perfetto. Ma se avete voglia di preparare un piatto diverso dal solito e stupire i vostri ospiti con una ricetta a base di capocollo pugliese, potete considerare che questo salume si abbina perfettamente anche a crudo con latticini, verdure e formaggi come:
- mozzarella
- scamorza
- cacioricotta
- burrata
- pane di Altamura
- caciocavallo
- pomodori secchi
Per quanto riguarda il vino, vi consigliamo di abbinare al Capocollo di Martina Franca vini rossi o corposi, come il Primitivo di Manduria.